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Nel corso delle ultime settimane si è aperto un ampio dibattito sul termine “congiunto” in seguito alle direttive sancite dal Governo in sede di emanazione delle misure di contenimento della diffusione del virus covid-19. Palazzo Chigi ha infatti chiarito che sarebbe stato possibile incontrarsi, nelle settimane dal 4 maggio in poi, con i propri congiunti, ed ecco che viene immediatamente spontaneo chiedersi quale sia l’interpretazione giuridica più adatta da attribuire a tale termine.
In tal senso viene in aiuto una recente Sentenza delle Sezioni Unite che affronta il tema della risarcibilità di danni non patrimoniali in favore dei “prossimi congiunti”, ed in particolare la risarcibilità del danno morale per la perdita di persona deceduta in conseguenza dell'altrui illecito.
La sentenza in commento assume una portata generale in quanto riconosce la configurabilità di un danno, e del conseguente diritto al risarcimento, anche in capo alla fidanzata non convivente del de cuius, e questo grazie ad un’interpretazione letterale estensiva del termine congiunto, in cui va senz'altro ricompresa la relazione sentimentale stabile che lega nel tempo due soggetti.

Il danno non patrimoniale costituisce una categoria risarcitoria ampia, comprendente ogni danno determinato dalla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da rilevanza economica, risarcibile tanto nei casi espressamente previsti dalla legge ex art. 2059 c.c., quanto in caso di lesione dei diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione, fra cui il diritto inviolabile alla salute (art. 32 Cost.).
Nell'ambito di tale categoria di danno si possono individuare diverse voci, quali il danno biologico, il c.d. danno morale e il danno c.d. esistenziale, che per la giurisprudenza di legittimità, non costituiscono autonome categorie di danno ma descrivono diversi tipi di pregiudizi.
Una precisazione va fatta riguardo al risarcimento del danno morale spettante ai congiunti, che - così come hanno stabilito le Sezioni Unite del 1 Luglio 2002, n. 9556 - è quello concretamente accertato in relazione ad una particolare situazione affettiva con la vittima. Ciò è coerente con il dettato dell’art. 1223 c.c., in quanto il danno patito da tali soggetti è causato in via immediata e diretta dal fatto dannoso del terzo. Il danno c.d. morale, infatti, viene definito come l'intima sofferenza subìta dagli stretti congiunti della persona deceduta in conseguenza dell'altrui illecito, mentre il c.d. danno da perdita parentale, deriva dall'intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell'ambito della famiglia, dalla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell'ambito di quella peculiare formazione sociale che è la famiglia (art. 2, 29 e 30 Cost.).

In piena armonia con tali considerazioni, il Tribunale di Firenze, sez. II civile, con sentenza 26/03/2015 n° 1011, richiamando i principi di diritto espressi nella recente pronuncia della Cassazione penale, riconosce ai parenti del de cuius importi diversi in relazione al danno c.d. parentale e al danno c.d. biologico riconoscendo un danno non patrimoniale anche in favore della fidanzata non convivente del de cuius.
I Giudici di legittimità hanno infatti stabilito che il riferimento ai “prossimi congiunti” della vittima primaria, quali soggetti danneggiati iure proprio, deve essere inteso nel senso che, in presenza di un saldo e duraturo legame affettivo tra questi ultimi e la vittima, è proprio la lesione che colpisce tale peculiare situazione affettiva a connotare l'ingiustizia del danno e a rendere risarcibili le conseguenze pregiudizievoli che ne siano derivate, a prescindere dall'esistenza di rapporti di parentela, affinità o congiudio giuridicamente rilevanti come tali. E che per “convivenza” non deve intendersi la sola situazione di coabitazione tra prossimo congiunto e vittima primaria di un illecito, quanto piuttosto lo stabile legame tra due persone connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti.
Conseguentemente il Giudice di merito riconoscendo alla fidanzata del de cuius il danno da c.d. perdita parentale, - applicando il parametro relativo al coniuge non convivente - e riconoscendo altresì il danno biologico, dà una concreta rilevanza all'interpretazione estensiva, e oggi più attuale che mai, del termine congiunto.


Dott.ssa Marta Rigano